La nuova chiesa di S. Giuseppe
Il 31 Ottobre 2012 veniva inaugurata a Brindisi, la nuova chiesa del cimitero dedicata a San Giuseppe.
La Chiesa, che ha sostituito la piccola sebbene graziosa cappella ormai divenuta inadeguata a contenere tutti i fedeli, è stata affidata alla cura del Cappellano del cimitero Mons. Vincenzo Piccoli, per molti anni già parroco al quartiere Paradiso e ricordato dai brindisini appunto come “il Prete del Paradiso”.
La chiesa si trova in Viale Arno al Perrino, al termine di un edificio costruito dall’Amministrazione Comunale dell’epoca per dare dei locali decenti ai venditori di fiori, in sostituzione delle vecchie e ormai sorpassate “bancarelle”.
Per il suo arredo si è molto attivato il vulcanico “don Vincenzo” che, ha voluto scegliere gli oggetti sacri ad uno ad uno, personalmente, non accontentandosi di articoli religiosi già pronti “da catalogo” ma ricercando originalità e valore artistico ovviamente piegati ai canoni ecclesiastici nella trasmissione della fede e nell’educazione alla preghiera.
Lo zelo di don Vincenzo Piccoli, il valore artistico dello scultore Carmelo Conte e la generosità dei fedeli si sono incontrati e hanno dato vita nella chiesa del cimitero di Brindisi ad una originale e pregevole Via Crucis come abilmente ci dice S.E. Mons. Caliandro in una sua nota che continua: ” La storia della pietà cristiana ci insegna che la Via Crucis è nata e si è sviluppata come una devozione fortemente collegata con la Terra Santa.
La nota dell’Arcivescovo Domenico Caliandro
I pellegrini che riuscivano a recarsi a Gerusalemme, ripercorrevano sul posto le tappe della Via Dolorosa. Tornando a casa, volevano rivivere quelle indimenticabili emozioni; e anche quelli che non potevano andare in pellegrinaggio in Terra Santa, ascoltando i racconti dei pellegrini, desideravano anch’essi poter compiere in qualche modo questi itinerari meditativi sulla Passione del Signore. Ecco l’origine di questa pratica devozionale tanto diffusa, tanto cara al popolo cristiano e tanto fruttuosa dal punto di vista spirituale.
L’autore (Carmelo Conte ndr) giustamente la definisce così: “La via del Golgota narrata plasticamente.”
L’impianto è classico con le 14 stazioni tradizionali; il linguaggio è comprensibile e non astruso o troppo ermetico; le immagini sono descrittive o facilmente intuitive.
E’ interessante la tecnica: figure modellate a tutto tondo, applicate poi al piano in terracotta, dando come risultato uno speciale altorilievo. Ma la peculiarità va cercata soprattutto nei dettagli inconsueti, che l’autore inserisce nella narrazione visiva delle formelle.
Qualche esempio? L’indice accusatore degli uomini nella scena della condanna a morte; l’allusione al peccato originale nella 2^ stazione; il delicato parallelismo, alla 4^ stazione, fra l’abbraccio dolente della Madre con il Figlio e il richiamo alla tenerezza degli abbracci nell’età dell’infanzia; l’aggancio alla storia della Chiesa dei nostri tempi, mediante le figure dei pontefici ritratti nella 7^ stazione; il riferimento d’attualità nella stazione 9^, con il barcone dei migranti in procinto di rovesciarsi, quasi a ricordare che la passione di Cristo si prolunga nella passione degli uomini; la verosimiglianza della denudazione, nella 10^ stazione, che rende bene l’idea dell’umiliazione inflitta al nostro Salvatore; il sole che inizia ad oscurarsi, nella Stazione 12^, mentre il Crocifisso pronuncia le ultime parole rivolte a sua Madre; la croce, che diviene Scala del Cielo, nella Stazione 13″, e così via.
Tutto questo qualifica l’originalità e il valore artistico dell’opera.”
(Tratto dal documento “Per meditare e per pregare. Valore artistico-spirituale della Via Crucis al cimitero di Brindisi, a cura dell’Arcivescovo Domenico Caliandro pubblicato per intero vedi nota (a))
Stazioni della Via Crucis
1. Gesù è condannato a morte
2. Gesù è caricato della croce
3. Gesù cade per la prima volta
4. Gesù incontra sua Madre
5. Gesù è aiutato a portare la croce da Simone di Cirene
6. Santa Veronica asciuga il volto di Gesù
7. Gesù cade per la seconda volta
Alcuni particolari della formella n. 7: i tre Papi e Papa Francesco:
1) Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Francesco I
2) Papa Francesco
8. Gesù ammonisce le donne di Gerusalemme
9. Gesù cade per la terza volta
10. Gesù è spogliato delle vesti
11. Gesù è inchiodato sulla croce
12. Gesù muore in croce
13. Gesù è deposto dalla croce
14. Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro
La breve relazione del maestro Carmelo Conte
L’opera è costituita da 14 formelle (50 x 50 cm) pensate e realizzate in terracotta; ogni formella racchiude in sè la mia esperienza scultorea e pittorica.
Il colore opportunamente scelto mette in risalto il contenuto simbolico e l’aspetto più significativo e narrativo del messaggio cristiano.
Questa chiesa, lo spazio sacro in cui è deposta, è servito da ispirazione nella scelta della materia per realizzare l’opera cioè la terracotta.(..)
Il lavoro è stato complesso perchè in opere del genere non può e non deve rappresentare solo un virtuosismo estetico ma bisogna “incarnare” il dolore e il sacrificio del Cristo. Un viaggio emozionante denso di significato cristiano. (..)
Tanti gli elementi toccanti, il pathos allo stato puro quando si posano gli occhi sul costato aperto di Gesù, da cui fuoriesce sangue e grano, (formella 14).
Lo sguardo indifferente di Pilato (formella 1), il serpente-demonio che si avvinghia alla Croce formella 2), Gesù che cade tre volte ormai esanime sotto i colpi della frusta (formelle 3 -7 -9), evocano il dolore e la sofferenza del nostro Salvatore.
L’abbraccio con la madre placa per un attimo le sofferenze di Gesù riportandolo al nido d’infanzia (formella 4).
Il giovane Simone sostiene per pochi passi la Croce di Gesù (formella 5); Veronica asciuga le lacrime imprimendo nel telo il volto di Gesù che rappresenta il teatro del dolore e della vita (formella 6).
L’opera vuole essere attuale, narra la storia del nostro tempo attraverso la rappresentazione dei Santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II intesi come fari di luce per il mondo .
Il nostro Papa Francesco con lo sguardo verso Gesù e con il rosario sul petto prega per la salvezza dei peccatori e la gloria di Dio (formella 7).
Emblematica la nona stazione, dove un barcone colmo di emigranti, dramma del nostro tempo, si rovescia sulla Croce di Cristo (formella 9).
Segue un Gesù nudo ed indifeso, con le martellate che con veemenza affondano i chiodi nella sua carne (formella 11).
Il sole si oscura con la madre di Gesù ai piedi della Croce da cui nasce la nuova umanità (formella 12).
La discesa dalla scala-croce del lenzuolo che culla madre e figlio nel cielo, dilata il volto dolente di Maria con la sua fronte cinta di spine (formella 13).
Infine, nell’ultima stazione Gesù è posto nel Sepolcro, la nuda terra si fa geometria e la madre compartecipe al dolore del figlio fusa con il legno della Croce, carica dei chiodi e delle sofferenze dell’umanità vuole seguirlo all’infinito (formella 14).
(Breve relazione tratta dal documento: “La Via Crucis nella chiesa di San Giuseppe per il cimitero di Brindisi opera dello scultore Carmelo Conte, pubblicato integralmente vedi nota (b))
La reazione dei “media”
La “Via Crucis” del maestro Conte, subito dopo la sua collocazione nella chiesa di S. Giuseppe, ha meritato l’attenzione dei media locali e tra questi la prestigiosa “Gazzetta del Mezzogiorno” che, per mezzo di Franco De Simone si esprimeva così sulla sua pagina dedicata alla cultura:
“Una «Via Crucis», autentica opera d’arte, opera dello scultore di chiara fama europea, Carmelo Conte, impreziosisce da alcuni giorni la Rettoria San Giuseppe, (la nuova Chiesa del Cimitero), curata da Mons. Vincenzo Piccoli.
La notizia delle quattordici formelle dal certo valore artistico, che fanno bella mostra nella Casa del Signore, ha fatto il giro della città ed ha ovviamente attirato l’attenzione generale. Ed ora non c’è alcuno che, entratovi per una preghiera, non possa fare a meno di fermarsi per ammirare, una ad una, le «stazioni», restandone estasiato, al punto che, una volta uscito, si senta arricchito di così grande bellezza.
L’opera ricostruisce e commemora il percorso doloroso di Cristo che si avvia alla crocifissione sul Golgota e Carmelo Conte ha la grande abilità di aver reso attuale e comprensibile anche ai meno avvezzi a godere dell’opera d’arte il messaggio che promana da ogni singola stazione.
L’opera d’arte di Carmelo Conte, resa possibile grazie alla partecipazione di quanti hanno voluto così condividere lo sforzo di Mons. Vincenzo Piccoli, che l’ha fortemente voluta, è un autentico atto di fede; esteticamente straordinaria, soprattutto perchè fa rivivere in maniera partecipativa a quanti si soffermano ad ammirarla, le ultime ore terrene dell’Uomo, dalla condanna a morte alla salita al Calvario, alla Crocifissione e alla Sua morte. È indubbio che la manualità dell’artista nel lavorare ogni volto presente nella formella, quindi, non solo quello di Gesù, è stata guidata dal suo credo nel Cristo, dallo sconfinato amore dello scultore per il Figlio di Dio, nella religione.
Mons. Piccoli (che si è avvalso della collaborazione di Alberto Capriati, per tutti i lavori di posizionamento delle formelle) può andar contento per aver avuto l’intuito di essere stato il trait d’union fra i fedeli che lamentavano l’assenza della «Via crucis» ed il suo pur grande desiderio di realizzarla. Ed è per questo che portare a termine un siffatto, grande progetto, soprattutto in un momento di grandi difficoltà in una realtà che sente in maniera forte la crisi, non solo economica, ma anche di valori cristiani, è come aver contribuito – nonostante le difficoltà – in maniera rilevante all’accrescimento culturale della città, impreziosita dall’opera di un figlio di questa terra, oltre che dalla volontà della gente che, spinta dal ricordo dei propri cari, ha partecipato a far sì che la Rettoria San Giuseppe avesse la sua «Via Crucis».
La via Crucis tuttavia, non si conclude con la deposizione nel sepolcro, ma con la certezza di fede della Resurrezione. Quale luogo più adatto, dunque, di questa «via Crucis» in quella rettoria? Chi la ammira fissa nella sua mente la scritta che accoglie i fedeli che si recano al camposanto: «Risorgeranno» e collega questa parola all’evento così mirabilmente realizzato da Carmelo Conte.”
Gli altri arredi
La chiesa è ad aula unica, con soffitto in legno. Quello che colpisce è la visione panoramica da ogni lato per l’assoluta mancanza di pilastri e colonne al centro, che rende questa chiesa capace di ospitare grandi eventi di tipo religioso come la “Pasqua estiva” (c) che già quest’anno si è celebrata qui.
Al centro vi è l’altare sovrastato da un crocifisso in legno e da una grande vetrata con l’immagine di Cristo risorto per liberare le anime di un’umanità sofferente, come è dimostrato da volti che potrebbero essere stati tratti tranquillamente dal quadro l’Urlo di Munch.
Sulle pareti laterali accanto all’altare delle grandi nicchie accolgono le statue dei santi.
Sul muro di fronte all’altare troviamo le statue di Santa Rita e della Madonna Dormiente, antica devozione coltivata dagli ortodossi (e)
All’ingresso della Sagrestia Don Vincenzo ci mostra un presepe in avanzata fase di realizzazione, frutto della sua collaborazione con un fedele A. Capriati, che esercita l’attività di falegname. Ci assicura che tutto sarà pronto per Natale.
Note:
(a) Documento “Per meditare e per pregare. Valore artistico-spirituale della Via Crucis al cimitero di Brindisi, a cura dell’Arcivescovo Domenico Caliandro
(b) Relazione dello scultore/pittore Carmelo Conte
(c) http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizie-nascoste/brindisi-quelle-processioni-all-alba-che-vanno-verso-i-cimiteri-no644968/
(d) Nostra Signora di Guadalupe è l’appellativo con cui i cattolici venerano Maria in seguito a una apparizione che ritengono avvenuta in Messico nel 1531.
Secondo il racconto tradizionale, tra il 9 e il 12 dicembre 1531, sulla collina del Tepeyac a nord di Città del Messico, Maria sarebbe apparsa più volte a Juan Diego Cuauhtlatoatzin, un azteco convertito al cristianesimo. Il nome Guadalupe sarebbe stato dettato da Maria stessa a Juan Diego: alcuni hanno ipotizzato che sia la trascrizione in spagnolo dell’espressione azteca Coatlaxopeuh, “colei che schiaccia il serpente” (cfr. Genesi 3,14-15), oltre che il riferimento al Real Monasterio de Nuestra Señora de Guadalupe fondato da re Alfonso XI di Castiglia nel comune spagnolo di Guadalupe nel 1340.
A memoria dell’apparizione, sul luogo fu subito eretta una cappella, sostituita dapprima nel 1557 da un’altra cappella più grande, e poi da un vero e proprio santuario consacrato nel 1622. Infine nel 1976 è stata inaugurata l’attuale Basilica di Nostra Signora di Guadalupe.
Nel santuario è conservato il mantello (tilmàtli) di Juan Diego, sul quale è raffigurata l’immagine di Maria, ritratta come una giovane indiana: per la sua pelle scura ella è chiamata dai fedeli Virgen morenita (“Vergine meticcia”). Nel 1921 Luciano Pèrez, un attentatore inviato dal governo, nascose una bomba in un mazzo di fiori posti ai piedi dell’altare; l’esplosione danneggiò la basilica, ma il mantello e il vetro che lo proteggeva rimasero intatti.
L’apparizione di Guadalupe è stata riconosciuta dalla Chiesa cattolica e Juan Diego è stato proclamato santo da Papa Giovanni Paolo II il 31 luglio 2002. Secondo la dottrina cattolica queste apparizioni appartengono alla categoria delle rivelazioni private.
La Madonna di Guadalupe è venerata dai cattolici come patrona e regina di tutti i popoli di lingua spagnola e del continente americano in particolare, ridando vigore al culto di Nostra Signora del comune spagnolo di Guadalupe del XIV secolo. (fonte wikipedia)
(e) Dormitio Virginis – È questa la scena preferita dell’arte bizantina che forse la derivò da quella egizio-copta. La Vergine è in genere rappresentata sul letto di morte, circondata dagli apostoli, mentre Cristo stringe fra le sue braccia l’anima di Lei raffigurata come un bambino in fasce; due o più angeli discendono dall’alto ad accoglierla (Encicl. Treccani.it)
Ringraziamenti:
- a Don Vincenzo Piccoli per aver consentito le riprese fotografiche e per aver messo a nostra disposizione tutte le sue risorse religiose e culturali onde permettere la realizzazione di questo servizio sulla sua “Nuova chiesa” da cui, come dice lui – prima o poi – tutti dovremo passare
- al maestro Carmelo Conte che, ricordandosi per tempo di Brundarte, ha consentito di fotografare in anteprima il suo splendido lavoro che ha avuto il grande merito di farci riflettere ancora una volta su parole ormai in disuso come moralità, umanità, professionalità
- all’amico Mario Carlucci per il suo costante contributo
è veramente un gran bel servizio,Grazie e sempre ” Ad Maiora ” Ciao Nico Pastore
Molte grazie per il complimento! Continua a seguirmi.
Desidero complimentarmi con l’autore dell’articolo per i contenuti di assoluta fedeltà alla missione della chiesa San Giuseppe al cimitero. Rispecchia perfettamente il pensiero di Don Vincenzo che ne è il degno custode . Entrare in quella chiesa ci fa sentire in pace con noi stessi e col mondo intero. Si respira un’atmosfera di religiosità decisamente singolare che ci coinvolge e ci fa sentire più vicini a Dio. Grazie Don Vincenzo per tutto ciò che ha fatto e continua a fare per noi fedeli.